La nuova serie di Buffy con un ritorno e un addio
(Da "Il Piccolo" quotidiano di Trieste)
(Da Damia)

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LA NUOVA SERIE DI BUFFY CON UN RITORNO E UN ADDIO di Giorgio Placereani
(Da "Il Piccolo" quotidiano di Trieste del 21/02/03)
La recensione dei nuovi episodi trasmessi finalmente da Italia Uno il 18 Febbraio 2003

Un ritorno e un addio. Ritorna il gruppo di amici ammazzavampiri nella più-che-benvenuta nuova serie del telefilm "Buffy" (il martedì alle 23.15 su Italia1). Se ne va Joyce, la madre di Buffy (Kristine Sutherland), che la figlia (Sarah Michelle Gellar) trova morta - per cause naturali - sul divano all'inizio della prima puntata.
Troviamo del "Dizionario dei Telefilm " di Leopoldo Damerini e Fabrizio Margaria (Garzanti) questa dichiarazione di Joss Wheadon, il creatore di "Buffy": "in realtà la serie mette in luce quel periodo della gioventù che assomiglia ad un vero film horror: i giorni trascorsi al college, dove la vera paura è la noia...". Bisogna ampliare l'argomento: questo concetto - che l'elemento fantastico e metafisico  sia, per così dire, sovrimpresso su angosce reali - vale in pratica per tutto il cinema o la letteratura, del terrore. Occorre menzionare, per esempio, la paura di scoprire che l'affetto familiare è una finzione dietro "L'invasione degli ultracorpi"? O quella reazione negativa verso il morto che con nostro stesso sconcerto proviamo come tappa dell'elaborazione del lutto, quando ci rassegniamo alla perdita di una persona cara, e che dà corpo ai racconti di fantasmi? Per dirla con un gioco di parole: tutto l'horror parla dell'orrore - intendendo quell'orrore "reale" ch'è una parte inestricabile del vivere. Lo splendido doppio episodio di apertura della nuova serie di "Buffy" tratta apertamente di questo tipo di orrore, mettendo audacemente in scena l'argomento forse centrale tra i timori del suo pubblico, o target, di adolescenti americani/occidendali: la morte della madre: e non la madre in astratto, ma quella madre\sorella maggiore, con padre assente, che non sarà lo stato familiare dominante a livello sociologico, ma si avvicina pericolosamente ad esserlo a livello culturale.
Fare i conti per Buffy e sua sorella Dawn con questa perdita: questo è il vero orrore, non un vampiro, che puoi sempre abbattere a colpi di kung fu. Ed è proprio come trasparente metafora dell'elaborazione del lutto che il secondo episodio della serata diventa una libera trascrizione filmica, non dichiarata, della famosa ghost story vittoriana "La zampa di scimmia" di W.W. Jacobs (1902).
Il telefilm sviluppa il suo argomento in modo particolarmente intenso, a partire dalla sceneggiatura assai convincente fino al montaggio, che è di una consequenzialità quasi sadica. Notevole, per inciso, la visualizzazione delle speranze di Buffy: senza preavvisi, senza spie che è un sogno, vediamo la madre che si riprende e viene salvata - per poi essere riportati alla fredda realtà che ce la mostra ancora morta; e questo è interessante perchè è un altro esempio di come la nuova narrativa cinematografica e televisiva sia libera rispetto al grado di realtà delle immagini mostrate.
L'esordio della nuova serie del telefilm mostra il coraggio di allontanarsi dal genere: nel primo dei due episodi i vampiri hanno una funzione amicale (sia Angel che Spike si recano a porgere le condoglianze) o casuale (quello che aggredisce Dawn nell'obitorio) mentre nel secondo il tema fantastico del rito di magia è direttamente funzionale al discorso sul lutto.
Ma insieme troviamo qui il riconoscimento di una aspetto affascinante dei telefilm: la possibilità di trasferire la narrazione dal "tempo ristretto" della singola peripezia al piano della biografia dei personaggi, del tempo in generale.

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